Piccole perle di un 25 Aprile difficile

di Massimo Pizzoglio 

Avevo iniziato a scrivere un pezzo piuttosto duro sulle polemiche di questi giorni, sulle improvvide dichiarazioni di un presidente inadeguato, sui partigiani tirati per la giacchetta da tante parti e sull’uso strumentale della storia (quella con la esse minuscola, ovviamente).

Ma poi mi sono detto ciò che i miei mi hanno sempre ripetuto: il 25 Aprile è la FESTA della Liberazione!
Punto.

E, come sempre, ho deciso di anteporre i punti positivi (tanti) di questi giorni (questo 25 Aprile lo stiamo preparando da mesi):

Il Ciliegio di Fenoglio.
Quest’anno Beppe Fenoglio avrebbe compiuto cento anni e la nostra sezione A.N.P.I. ha deciso di dedicargli un ciliegio, albero che lui ha molto citato, piantato nel parco del Valentino. 
Un giovane ciliegio da frutto, non da fiore, perché cresca e faccia frutti e che i giovani possano coglierli, magari meglio di come abbiamo fatto noi.
È stata una bella, sobria cerimonia, senza pomposità, ma di poche e sane promesse mantenibili. E belle le persone che vi hanno partecipato, amici prima che autorità, per convinzione e non per dovere.
Il ciliegio è lì, è già fiorito e ha già accennato i primi virgulti di ciliegia: arriveranno prima gli uccellini e (forse) gli scoiattoli a mangiarle, ma certamente non andranno perdute.

L’altro Cimitero.
Non sono un fan dei cimiteri, troppi ne ho frequentati fin da piccolo per i funerali di troppe persone molto care.
Ma una visita organizzata da una amica storica (storica di professione) sui “sentieri” della Resistenza al Monumentale di Torino mi ha regalato alcune belle sorprese.
Un nuovo modo di guardare alcune sculture sepolcrali, nuove nozioni sulla struttura “filosofica” del cimitero, il rigoglio (per rimanere negli alberi) dell’acero rosso sulla tomba di Primo Levi, il vecchio cimitero ebraico, che, come dice la mia amica Federica, “sembra di essere a Praga nel ‘700”.
Piacevole e inaspettato.

Fiori e QrCode.
Da anni mi occupo di mettere i fiori e fare un po’ di maquillage a una parte delle lapidi dei Partigiani in città e, dall’anno scorso, aggiungendo un QrCode con la storia di quella lapide.
Spesso la gente si ferma a curiosare, qualcuno domanda, molti ringraziano, si fanno anche delle belle chiacchierate, si raccolgono memorie.
Quest’anno, complici il tempo e il calendario degli impegni, è stato un po’ più affannoso e complicato del solito, ma, nuovamente, le sorprese sono state tante.
La cameriera del noto ristorante del centro (sulla facciata del quale è affissa una lapide) che lascia le ordinazioni per aiutarmi a spostare un tavolo per poter lavorare meglio e mi ringrazia; il rider cingalese che attende davanti a un affollato fast food e che non solo sposta prontamente la bicicletta perché io possa mettere la scala per pulire la lapide, ma mi chiede se mi può aiutare e poi mi saluta sorridendo e mi augura buona Festa.
E la coppia di turisti argentini che mi chiede dove trovare il manifesto delle celebrazioni: lui che mi dice che è nato il 25 aprile del 1945, poi mi raccontano dei loro nonni emigrati e io parlo dei profughi argentini che abbiamo accolto a casa mia nel corso delle varie dittature e ci commuoviamo e ci salutiamo come fossimo un po’ parenti.

Belle cose, piccole perle preziose.

Buona Festa della Liberazione, per noi è 25 Aprile tutto l’anno.