Liberazione e Virus

In evidenza

di Licia Satirico e Massimo Pizzoglio
con l’illustrazione gentilmente concessa dal grande Mauro Biani

In quest’anno virale e bisestile, tutta la redazione di Torte Scorrevoli è stata affetta da un attacco di pessimismo contagioso, ma non ha voluto esimersi dal pubblicare un omaggio a questa Festa della Liberazione.
A seguire i due contributi:

Resistenza, morbi, virus e vaccini.

Nella mia eterogenea famiglia laica il 25 aprile è sempre stato il giorno festivo per eccellenza. Gli etologi lo chiamerebbero imprinting: nonno Nino mi cantava Bella Ciao, inserendola surrettiziamente nelle sequenze del DNA, mentre nonno Aldo, che non mi ha mai trattato come una bambina, mi faceva leggere libri sulla Resistenza. Questa è la mia educazione sentimentale, senza mezzi termini: da decenni la festa della Liberazione è la celebrazione dei valori di libertà e di solidarietà sociale per cui si è combattuto e che hanno gettato le basi della Costituzione. Il fascismo è stato un ventennio infame e oggi – in ogni sua forma – è reato.

Da almeno vent’anni questa Festa fondamentale è messa in discussione dai relativisti, dai transazionisti e soprattutto dai postfascisti. C’è pure chi l’ha definita un derby, come se i valori della Carta del 1948 fossero un coro da stadio.

Quest’anno, poi, è accaduto l’incredibile. La celebrazione è silente, soffocata da un virus che per la prima volta dopo settantacinque anni ci fa riscoprire l’amarezza della privazione della libertà, la sterilità degli individualismi, il dramma della precarietà, la paura della rovina. L’anniversario giunge tra droni minacciosi di sindaci pittoreschi, governatori senza governo, scienziati litigiosi, economisti preoccupati e giuristi sempre più perplessi di fronte a un potere legislativo inerte e frammentato tra sceriffi di varia bassezza.

All’estero qualcuno approfitta del virus per invocare pieni poteri, e la cosa non può lasciarci indifferenti perché proprio pochi mesi fa l’invocazione – di derivazione hitleriana – è tornata in Italia ed ha estimatori variamente assortiti. Populisti, xenofobi, nazionalisti d’accatto ammorbano un dibattito politico di cui non percepiamo (da tempo) l’eco dirimente ed autorevole. E la preoccupazione aumenta.

Oggi più che mai gli ideali di giustizia, di libertà e di solidarietà sociale meritano accoglienza incondizionata, devono vivere, proliferare, tornare a fare imprinting tra le giovani generazioni. Ai giovani lasciamo un pianeta indebolito, malato, che solo la bellezza e l’altruismo potranno ricostruire.

Contro il COVID-19 si troverà, prima o poi, una cura. I rigurgiti di fascismo, di intolleranza, di violenza e di autoritarismo sono virus contro i quali non esiste vaccino, se non siamo pronti a celebrare con tenacia anche e soprattutto questo strano 25 aprile da reclusi.

Buona Liberazione a tutti.

E buon 25 aprile ai miei nonni, sulla cui tomba da quasi due mesi non posso deporre un fiore.

Costrizione e Liberazione

Strano davvero questo 25 aprile in quarantena, senza contatti, senza fiaccolate, un po’, in fondo, anche senza commozione.

Questa festa della Liberazione mentre si è “reclusi” o, al massimo, in regime di semilibertà sembra quasi un ossimoro.

Mi mancano le “mie” lapidi e tutto il trambusto organizzativo che precede le giornate in cui andiamo a occuparcene, a pulirle, a mettere i fiori, a ricordare quei nomi che ormai ci sono familiari.

Sì, familiari anche se non sono parenti, ma a forza di studiare e leggere le storie di quei nomi senza volto mi ritrovo spesso a immaginare la scena di quelle morti, di quelle scelte difficili, forse anche un po’ casuali, di quei momenti in cui si mette in gioco tutto per qualcosa di più grande di sé stessi.

E anche leggendo i diari dei mille “eroi senza nome” che combatterono senza morire sul campo, ma sacrificando un sognato futuro personale al bene della comunità.
L’ultimo che ho letto è quello di una promettente pianista che lascia una comoda vita borghese e va a combattere in montagna, senza risparmiarsi, a piedi nudi nella neve, fino allo stremo delle forze, rovinandosi la salute e anche quelle belle mani da artista che non potrà più essere, continuando cocciutamente dopo la guerra a occuparsi di quel futuro di tutti che si stava costruendo, pur avendo dovuto rinunciare al suo.

Tutti questi pensieri mentre vediamo degli omminicchi che governano le nostre realtà locali pensando solo al proprio tornaconto politico (e forse non solo) nella più totale incapacità di pensare realmente alla salute dei cittadini (e, per qualcuno, anche solo di pensare tout court, temo).

Mi manca la fiaccolata, quella piacevole bagarre iniziale in cui si corre avanti e indrè a cercare qualcuno e a trovare qualcun altro, a fare il corteo a fianco di sconosciuti con cui si intavolano discussioni sui massimi sistemi o a cantare fino alle lacrime tutti insieme con i compagni di sempre.

Faccio fatica a trovare verità e sentimenti nelle parole di rito di tanti politici e, a dire il vero, faccio fatica anche a trovare le parole di quei politici che dovrebbero tenere come un vessillo questa Liberazione che fu la pietra su cui costruirono i fondatori dei loro partiti.

Strano sì, questo 25 aprile virale e bisesto, un po’ triste e un po’ molesto, chiusi in casa in attesa di un vaccino che ci liberi dall’invasor (come dice Bella Ciao) e nella speranza di riuscire a trovare, finalmente, una medicina che ci liberi dai fascismi che vediamo dilagare in tutto il mondo. Questi, purtroppo, nella più generale indifferenza.

Buona Festa della Liberazione, comunque, a tutti!